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Autore L'orgoglio degli Amberson
Petrus

Reg.: 17 Nov 2003
Messaggi: 11216
Da: roma (RM)
Inviato: 13-08-2005 14:56  
Parlando de “L’orgoglio degli Amberson” in realtà si vorrebbe parlare di un altro film. Di quel film che Orson Welles aveva in mente e che mai potremo vedere sullo schermo. Le vicende che hanno portato al taglio di 33 minuti finali sono abbastanza note. Welles è al suo secondo film, all’apice della sua popolarità. Terminate le riprese, è costretto (gli scriverà Roosvelt di persona) ad andare a girare il carnevale di Rio, per quello che l’amministrazione americana concepiva come un documentario volto alla distensione delle relazioni panamericane. Il montaggio rimane in mano agli studi della Rko, la casa produttrice con la quale Welles inizia la sua avventura nel mondo del cinema, che, dopo una proiezione esplorativa dai riscontri non esaltanti, decide di mettere mano pesantemente al film, considerato troppo lungo e farraginoso. Finiranno dunque nel cestino 33 minuti di film, che Welles dal sudamerica proverà, senza successo, a salvare almeno in parte con un fitto carteggio di minuziose istruzioni.
Inizierà da qui, appena dal secondo film, la “leggenda nera” su Welles, sui suoi modi e sui suoi capricci, leggenda ampiamente infondata che segnerà, solo un anno dopo “Quarto Potere” (anch’esso un flop di incassi negli Stati Uniti) l’inizio della sua parabola discendente.
Ci piacerebbe qui affrontare quel film che è esistito per un brevissimo periodo nel 1942, ma che non ci è più possibile ricostruire. Il dato per certi versi eccezionale è che la pellicola, nella sua interezza, non ha smarrito affatto quella potenza (e prepotenza, per certi versi) visiva che faceva pensare a Welles che “sarebbe stato molto meglio di Quarto Potere”.
L’intento di fondo è sempre lo stesso. Far trasparire un’umanità profonda e complessa dietro la cortina fumogena dell’alta società, della ricchezza economica. Negli Amberson, in modo più larvato e, per questo, probabilmente più incisivo che in Citizen Kane, la sfera d’azione in cui i personaggi si muovono è quella del potere. Potere inteso come possibilità di prevalere, non necessariamente come imposizione obbligata. Welles parte da questa sovrastruttura sociale per introdurre i suoi personaggi (si pensi alla descrizione, finanche fisica, del piccolo Gorge Amberson sul carrettino). La ricerca di senso per i suoi personaggi va ben al di là di questo approccio iniziale.
Ogni Amberson ha una sua “Rosebud”, una sottotraccia che scardina la patina di invincibile borghesismo della quale sono ammantati. Welles da subito descrive un mondo con precise scelte registiche. La macchina da presa è posta nella maggior parte dei casi più in basso di quella che potrebbe essere un’ipotetica soggettiva degli attori. Doppia la valenza, una etica e una funzionale. Quest’ultima è quella di ampliare gli spazi, di rendere “magnificent” le scenografia in cui gli attori si muovono, allo scopo di presentare in tutta la sua grandezza la cornice in cui gli Amberson vengono dipinti. Ma anche un fondamento etico, si diceva. Quello di una posizione di prenne sottomissione, in cui si è quasi costretti ad alzare la testa se si vuol cogliere espressioni e movimentii dei protagonisti.
E così, a dispetto della sovrastruttura scenica nei quali li si vuol collocare, gli Amberson sono intimamente umani, con tutti i difetti ei pregi che ciò può comportare.
“Lo odiavano tutti, ma nessuno riusciva a sostituirlo in mezzo alla comunità”. Questo il giudizio netto, conciso, che Welles ci offre su Gorge Amberson, come anche sull’intera famiglia.
Una storia, come praticamente tutte del Welles regista, che dipinge con agili plan e inquietanti campi lunghi la parabola discendente di un grand’uomo, di una grande famiglia., che cade in rovina per non essere riuscita ad adattarsi ad un mondo che cambiava In fondo Welles ci indica chiaramente tutto nel serrato incipit (che nella versione originale vedeva lo stesso Welles come narratore). Un mondo che cambiava in fretta, nel quale una seconda possibilità era dura da ottenere. Le occasioni sprecate saranno la tara della potente famiglia, che nei modi e nei tempi cinematografici tenderà a ribadire costantemente lo sprezzante distacco tra “un Amberson” e il resto del mondo.
Ma nelle ultime sequenze la macchina da presa si eleva ad altezza volto. Segno che Gorge Amberson ha iniziato a dare del tu alla vita. Segno che noi possiamo iniziare a dar del tu a Gorge Amberson.



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Citizen

Reg.: 12 Ago 2004
Messaggi: 210
Da: Prato (PO)
Inviato: 13-08-2005 15:49  
Beh, innanzitutto complimenti! Seconda di poi volevo aggiungere che, forse, Welles è stato il regista che più ha dovuto subire tagli, censure o quant'altro dalla produzione. Come non ricordare Mr.Arkadin/Rapporto confidenziale, caso a dir poco eclatante di divergenti interessi(e montaggio) tra il regista di Quarto Potere e la produzione.
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AlZayd

Reg.: 30 Ott 2003
Messaggi: 8160
Da: roma (RM)
Inviato: 13-08-2005 16:32  
quote:
In data 2005-08-13 14:56, Petrus scrive:
Parlando de “L’orgoglio degli Amberson” in realtà si vorrebbe parlare di un altro film.

......... omissis




Ottimo Petrus!

Sempre penalizzato dalla produzione, il vecchio Welles, quand'anche se ne contano parecchie di pellicole iniziate e mai finite, o di progetti abortiti allo stato d'idea, per mancanza di finanziamenti. Nonostante le gravi menomazioni dovute ai tagli ed al montaggio arbitraio imposti dalla produzione, quest'opera riesce a stupirci per le ardite soluzioni tecniche che restano al servizio dei "significati" e dell'espressione, della pura fotogenia plastico/trasfigurante delle immagini, quindi del cinema inteso come arte.


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sotyri

Reg.: 09 Ago 2005
Messaggi: 31
Da: Laterza (TA)
Inviato: 14-08-2005 09:39  
L'orgoglio degli Amberson mi è sembrata ottimamente eseguito, ma deteriorato da una fin troppo macchinosa trama. D'accordo, il film si aggira intorno ad un mondo frenetico in continua evoluzione, sono gli anni del boom, come spiega sagacemente Welles nell'inizio del lungometraggio- in un mini-documentario -, continuando a delineare questo presupposto con l'inserimentimento delle prime tappe pioneristiche dell'automobile.
Quindi il fervore dello sfondo e la staticità della narrativa, entrano in contrasto evidenziando una certa artificiosità di racconto che tocca punti da "cronaca di una soap annunciata". Annunciata infatti quando vediamo sfilare il giovane Gordon sul carettino, prepotente ed arrogante, mentre la cittadina spera - come ricalcato a fine film - che la vita gli dia una solenne lezione. La lezione arriva. Una mamma morta, rovina economica, uno dei primi incidenti causati da ll'automobile ("quel inutile ingombro" come l oaveva definito). A mio parere è fin troppo eccessivo. Ma Orson stupisce per l'attualità degli argomenti trattati. L'analisi della società. L'inserimento e le conseguenze dell'automobile, citate da Mr. Morgan. E in genrale una riflessione su sviluppo e colletività. Difficoltà di integrazione dell'alta borghesia. Interessanti poi le interruzioni narrative per assistere a spiegazioni quasi filosofiche. Il maggiore Amberson difatti prnede con filosofia la morte della figlia attraverso collegamenti fra sole e terra. Mentre metaforica l'opinione su Gordon, citata da Isabel traducendo il nome indiano di una collina. "Il più orgoglioso indiano che fu cacciato. Il Più orgoglioso e allo stesso tempo insostituibile".
Dunque non è stato un atto eccessivo tagliare questo film. Rendnedolo ancora più lungo si sarebbe finiti nell'esasperare un buon film che ha in se comunque degli elementi innovativi.


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Sognate i vostri film..
- Orson Welles


[ Questo messaggio è stato modificato da: sotyri il 14-08-2005 alle 09:49 ]

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sotyri

Reg.: 09 Ago 2005
Messaggi: 31
Da: Laterza (TA)
Inviato: 17-08-2005 16:31  
Non c'è niente d'aggiungere? Eppure credo che su "L'orgoglio degli Ambersen" ci sia molto da discutere..
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- Orson Welles

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Petrus

Reg.: 17 Nov 2003
Messaggi: 11216
Da: roma (RM)
Inviato: 17-08-2005 16:44  
Beh, in realtà l'affermazione che il taglio sia convenuto è alquanto azzardata, e dimostra di non conoscere le vicissitudini che allo stupro del film originario di Welles hanno portato.
Di sicuro ci troviamo di fronte ad un altro film, non quello che aveva pensato il regista, ma ad uno accomodato da montatori (pressochè)dilettanti per un debutto in sala che una sola anteprima andata non benissimo (ma neanche male, stando a guardare i commenti pervenuti ai produttori) aveva contribuito a ritenere il film non valido.
La forzata permanenza di Welles lontano dagli Studios ha fatto il resto
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Richmondo

Reg.: 04 Feb 2008
Messaggi: 2533
Da: Genova (GE)
Inviato: 23-10-2008 15:28  
Truffaut, su questo film, disse che sembrava girato da un altro regista rispetto a Citizen Kane , da un'altra persona che volesse dare una lezione di umiltà al'autore del complesso e mastodontico Quarto potere. O qualcosa del genere.

Beh, c'è da dire che stilisticamente, almno all'apparenza, il film è moto meno azzardato.
Fondato su di una recitazione più teatrale, non può non elogiarsi la splendida interpretazione di A. Moorehead, davvero capace, durante il film, di trasformarsi, di attuare una metamorfosi interiore e che si riversasse in tutta la sua sconvolgente potenza anche al di fuori, principalmente nello sguardo. L'oscar che si è guadagnata....è ampiamente meritato.

Per il resto, il film ha una parvenza di vetusto, di tremendamente immobile.
Sono tante le sequenze lasciate immote, nella staticità più completa. I movimenti più articolati sono quei dolly su per le scal, ma sempre così lenti, non direi neppure contemplativi, ma piuttosto rassegnati, come il carattere e lo spirito dell famiglia che vienbe rappresentata.
Ogni contorno, ogni immagine pare quasi cristallizzata, una sorta di galeria di cimelii storici, talvolta relitti (umani e non) da scrutare con l'occhio insensibile di una modernità ben al di fuori da questi disagi.

Le stesse ambientazioni, così eleganti, pennellate dai movimenti di camera così lenti e garbati, stonano, non sono affatto al passo coi tempi, ma rimangono disancorati ad un'epoca rivoluzionaria e poco propensa ad aspettare timidi ritardatari.
E così tutto, dalle figure ai dialoghi, tendono ad elidersi a vicenda e ad escludere ogni possibile orizzonte di speranza: la neve ferma e ghiacciata si scontra con il vapore dei treni o il fumo delle automobili (il progresso, visto come una minaccia, però).
Ad un tratto uno die personaggi dice ad una donna: Sei di divinamente ridicola . E questa risponde: Due uguali e due contrari. Intendi forse dire che sono una nullità?

Forse non il miglior Welles, ma comunque, ancora una volta, un cinema che non gira affatto a vuoto.

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L'amico Fritz diceva che un film che ha bisogno di essere commentato, non è un buon film . Forse, nella sua somma chiaroveggenza, gli erano apparsi in sogno i miei post.

[ Questo messaggio è stato modificato da: Richmondo il 23-10-2008 alle 15:29 ]

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mario54

Reg.: 20 Mar 2002
Messaggi: 8838
Da: nichelino (TO)
Inviato: 30-10-2008 12:54  
ha casa ho ancora la videocasetta di tale film di Walles l'ho visto due volte e il film mi ha fatto notare il declino di una classe borghese ridotta poi in miseria. poi parallellamente nel film si notano anche le marcature dell'invenzione della automobile prima che diventasse a scala mondiale
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Vivien Leigh - Non voglio realismo, voglio magia!

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